Apple e la Commissione Europea sono arrivate allo scontro frontale sul Digital Markets Act, la legge pensata per rendere il settore digitale europeo più competitivo e aperto. Con una dichiarazione che abbiamo pubblicato ieri, l’azienda di Cupertino ha chiesto senza mezzi termini di abrogare il DMA e sostituirlo con uno “strumento legislativo più adatto allo scopo”.
Secondo Apple, le regole introdotte da Bruxelles non solo mettono a rischio la sicurezza e la privacy degli utenti, ma finiscono anche per rallentare lo sviluppo: funzioni come la Live Translation sugli AirPods, già disponibile negli Stati Uniti, in Europa restano bloccate da complessi processi di ingegnerizzazione aggiuntivi per garantire l’interoperabilità con dispositivi di terze parti.
La risposta europea non si è fatta attendere ed è stata durissima. Thomas Regnier, portavoce della Commissione per gli affari digitali, ha accusato Apple di contestare ogni singolo punto della normativa fin dal giorno della sua entrata in vigore e ha ribadito che Bruxelles non ha alcuna intenzione di cancellare la legge. Per l’Unione, il DMA è necessario per limitare lo strapotere dei grandi gruppi tecnologici e impedire che chi controlla piattaforme chiuse, come l’ecosistema Apple, ostacoli i concorrenti e limiti le scelte dei consumatori.
La Commissione ha inoltre ricordato che il DMA non impone alcun abbassamento degli standard di privacy o di sicurezza, e che eventuali ritardi nell’implementazione delle funzioni non sono un’anomalia ma la normale conseguenza di un processo di adattamento alle nuove regole.

Lo scontro non riguarda solo Bruxelles e Cupertino ma si inserisce in un contesto politico più ampio. Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, gli Stati Uniti hanno intensificato la pressione sull’Europa, minacciando dazi contro i Paesi che introducono leggi considerate discriminatorie verso le aziende americane.
Apple, dal canto suo, continua a ribadire che gli utenti europei rischiano di restare indietro rispetto al resto del mondo, mentre l’Unione è ferma sul punto che senza il DMA il mercato resterebbe ingiustamente squilibrato. Nel frattempo restano sul tavolo le sanzioni già comminate: 500 milioni di euro ad aprile, oltre ad altre indagini ancora in corso.
Una battaglia che appare solo all’inizio e che potrebbe ridefinire il rapporto tra Big Tech e regolatori europei.


