La notizia della profonda integrazione Bixby Perplexity suona come il rintocco funebre per un’intera generazione di tecnologie che promettevano la luna e ci hanno consegnato solo timer da cucina glorificati. Per oltre dieci anni i colossi della Silicon Valley e della Corea hanno cercato di convincerci che i loro assistenti vocali fossero il futuro dell’interazione umana ma la realtà ci ha messo di fronte a interlocutori digitali spesso imbarazzanti e limitati. La decisione di Samsung di affidare il “cervello” a un partner esterno sancisce la fine ufficiale di quella narrazione autarchica e orgogliosa.
Il gigante coreano ha praticamente ammesso che il suo Bixby non possiede le capacità cognitive necessarie per competere nel mondo moderno e ha scelto la via più breve per coprire il divario. L’assistente proprietario viene demansionato a semplice esecutore di compiti umili come accendere la torcia o impostare la sveglia mentre le vere domande vengono girate a chi l’intelligenza artificiale la sa fare davvero.
Lo scenario diventa grottesco se pensiamo che anche Apple sta seguendo la stessa identica strada con OpenAI. Le due aziende che hanno costruito imperi sulla chiusura dei propri ecosistemi e sul controllo maniacale di ogni riga di codice si ritrovano ora a dover aprire le porte di casa agli estranei per non sembrare obsolete. Siri e Bixby diventano gusci vuoti e bellissime interfacce grafiche che nascondono il vuoto pneumatico dei loro algoritmi proprietari ormai incapaci di sostenere una conversazione che vada oltre le previsioni meteo.
Questa mossa serve anche a scaricare il barile delle responsabilità legali ed etiche su terze parti in caso di risposte folli o offensive. I produttori hardware si trasformano in semplici passacarte che offrono l’accesso ai servizi generativi ma se ne lavano le mani quando l’intelligenza artificiale inizia ad avere le traveggole.
Dobbiamo quindi prendere atto della morte definitiva del concetto di assistente vocale come lo abbiamo inteso fino a oggi. Non esiste più l’ambizione di creare un compagno digitale onnisciente marchiato Samsung o Apple ma solo la necessità di inserire un intermediario veloce tra noi e i veri detentori della conoscenza.
Il futuro che ci attende è fatto di dispositivi tutti uguali che rispondono tutti nello stesso modo perché attingono tutti alle stesse tre o quattro fonti di intelligenza artificiale mondiali. La differenziazione software che per anni è stata il campo di battaglia tra Android e iOS scompare per lasciare posto a un’omologazione abbastanza grigia.
Bixby non è diventato più intelligente grazie a Perplexity ma ha semplicemente smesso di provare a esserlo, e forse dovremmo smettere anche noi di chiamarli assistenti intelligenti per onestà intellettuale.


