La disputa legale che vede contrapposti i colossi dell’intelligenza artificiale e la piccola startup iyO ha raggiunto un punto di svolta. La Corte d’Appello del Nono Circuito ha respinto il ricorso presentato da Sam Altman e Jony Ive e ha confermato il divieto di utilizzo del marchio io per i loro futuri prodotti hardware.
I giudici hanno ritenuto valide le preoccupazioni sollevate dalla controparte riguardo alla palese somiglianza fonetica tra i due nomi che risultano praticamente identici quando pronunciati ad alta voce e creano un rischio concreto di confusione per i consumatori.
Le radici dello scontro affondano in una serie di incontri avvenuti nei mesi scorsi tra le parti. Jason Rugolo aveva cercato di proporre la sua tecnologia ai vertici di OpenAI ricevendo però un rifiuto accompagnato dalla rivelazione che l’azienda stava lavorando a qualcosa di competitivo. La successiva acquisizione della società di Ive denominata proprio io ha fatto scattare immediatamente la causa legale.
La difesa di Altman ha provato a sostenere che i prodotti fossero diversi ma la corte ha dato peso al fatto che entrambi i progetti mirano a rivoluzionare l’interazione umana con i computer tramite linguaggio naturale.
Un concetto chiave emerso nella sentenza riguarda la cosiddetta confusione inversa che si verifica quando un attore di mercato molto grande e potente adotta un marchio simile a quello di un concorrente più piccolo. Il rischio reale è che il pubblico finisca per credere che sia la piccola azienda a copiare il gigante e non viceversa.
I magistrati hanno affermato che il lancio aggressivo pianificato da OpenAI avrebbe potuto causare un danno irreparabile alla reputazione di iyO e compromesso gravemente i suoi sforzi di raccolta fondi in una fase delicata della sua crescita.
Questa decisione blocca momentaneamente le ambizioni di branding del duo Altman Ive ma la guerra nelle aule di tribunale è ben lontana dalla conclusione. Il procedimento tornerà ora al tribunale distrettuale per discutere l’ingiunzione preliminare e si prevedono tempi molto lunghi che potrebbero estendersi fino al 2028 per arrivare a un verdetto definitivo.
Nel frattempo OpenAI dovrà rinunciare a utilizzare quel nome specifico per commercializzare i suoi dispositivi e rivedere probabilmente l’intera strategia di comunicazione visiva per evitare ulteriori sanzioni.
