Il misterioso dispositivo AI su cui OpenAI e Jony Ive stanno lavorando da oltre un anno sembra incontrare più ostacoli del previsto. Secondo un nuovo report del Financial Times, il progetto è ancora lontano dall’essere pronto al lancio, principalmente a causa di difficoltà legate alla voce e alla personalità dell’assistente, alla gestione della privacy e ai limiti di potenza computazionale necessari per far girare i modelli di OpenAI su larga scala.
Le fonti interne citate spiegano che l’azienda sta ancora cercando un equilibrio tra un assistente “umano” e una macchina funzionale, evitando che risulti troppo servile o invadente nelle conversazioni. In più, il fatto che il dispositivo sia sempre attivo, e non richieda una parola di attivazione, solleva comprensibili preoccupazioni su come e dove vengano raccolti i dati vocali e visivi degli utenti.
Il dispositivo, privo di schermo e dotato solo di microfono, fotocamera e speaker, dovrebbe funzionare come un compagno da scrivania capace di interagire in modo naturale, migliorando ciò che oggi offrono gli smart speaker di Google e Amazon.
La gestione del carico sui server di OpenAI, però, rappresenta una delle maggiori sfide: mentre giganti come Amazon e Google dispongono di infrastrutture enormi per i loro assistenti vocali, OpenAI fatica ancora a garantire la potenza necessaria persino per ChatGPT.
Se l’obiettivo è offrire un’esperienza fluida e sempre connessa al cloud, la tecnologia dovrà evolversi rapidamente, perché un dispositivo “always-on” che non riesce a connettersi stabilmente rischia di trasformarsi da rivoluzione casalinga a incubo per la privacy e l’usabilità.


